под именем каждого. Многих она знала только по именам. Многих знала в лицо. Другие ей были и вовсе не знакомы. - Шестьсот девяносто – прочитала она в конце списка.
- Из одного зерна семь колосков, и из каждого колоска сто зерен, – произнес Валид, сев рядом с племянницей.
- Семьсот зерен – семьсот душ,- кивнула согласно Фатима.
SETTE SPIGHE
Pubblicato da Barabba il Ven, 11/03/2011 - 21:27
Febbraio 1975
Walid osservò le nubi gonfie e scure addensarsi sui crinali boscosi dello Shouf e levò gli occhi grigi al cielo poggiando il peso del proprio corpo sul legno nodoso del bastone.
«Stanotte pioverà» osservò ad alta voce lasciando scivolare via l’ansia e la preoccupazione dalla mente, come aveva imparato a fare tanti anni prima. Da giorni digiunava, ingerendo solo un infuso di salvia e rosmarino che affievoliva la coscienza avvicinandolo all’essenza dello spirito. Dal nonno, uno stimato Ajawid, sin da piccolo aveva appreso i rudimenti che conducevano al cammino verso l’ascesi. Ciò gli aveva consentito il passaggio dallo zahir, dall’ovvio, al batin, a ciò che è nascosto. Com’era tradizione del suo popolo egli non era stato scelto e non aveva scelto. Semplicemente la volontà di Allah si era posata su di lui permettendogli di iniziare quel cammino.
«Dio onnipotente, fa’ che sia abbondante e che possa dare forza al grano che sta nascendo», pregò inginocchiandosi verso sud, in direzione della Galilea.
«Allah è grande», sospirò Hakim levando le braccia al cielo, mostrando mani nodose e dure da contadino. Per tutta la vita Hakim aveva lavorato la terra. Insieme al fratello e agli altri membri della famiglia, che portava con orgoglio il nome dell’antico clan degli Shibab, si era occupato di far crescere il grano. E una spiga di grano era il simbolo della sua famiglia.
«Sono il Signore Dio tuo che ha fatto scendere dal cielo un'acqua benedetta, per mezzo della quale ho fatto germogliare giardini e il grano delle messi», recitò Walid con gli occhi rivolti al cielo.
Hakim guardò il fratello e studiò i gesti che egli accompagnava alla preghiera. Conosceva le parole del Profeta, ma non capiva il loro significato nascosto; sapeva di essere un Juhhal, un non iniziato, e che mai avrebbe compreso i ragionamenti che guidavano le azioni di suo fratello Walid.
«Torniamo a casa. Torniamo in fretta a Beiteddine,- avvertì Walid, -qualcosa di terribile è accaduto».
Nonostante fosse più anziano, Hakim non contraddiceva mai gli ordini del fratello, peraltro rari e mai aspri. Walid sapeva. Era in contatto con quello spirito del mondo che indicava la via della Verità. E Hakim rispettava la ricchezza interiore del fratello e ciò che egli aveva da dire al suo clan e al suo popolo. Hakim ascoltava sempre con attenzione e, come ogni buon credente, cercava di tradurre nella pratica i precetti del Libro Sacro e i consigli degli iniziati. Era anzi un onore, al cospetto della comunità, poter vantare un membro del clan appartenere agli Uqqal, gli inziati.
Lasciarono la valle della Beka’a bagnata dal limaccioso corso del fiume Litani e si spinsero in alto, verso il villaggio di Beit ad Dine, da secoli roccaforte dei Figli della Grazia.
Sulle erte rocciose dello Shouf, tra il richiamo dei falchi e il placido tubare delle colombe, avvertirono la voce possente dei Phantom israeliani avvicinarsi per poi risalire la vallata e piegare verso Beirut. Non era la prima volta che vedevano gli aerei con la stella a sei punte spingersi tanto a nord, ma non ne avevano mai visti tanti insieme.
«Zio Walid, zio Walid...» strepitò la piccola Fatima non appena vide l’uomo anziano con la faccia brunita dal sole aprire la porta di casa.
«Avete saputo?» li interrogò Ibrahim correndo loro incontro e aiutandoli a liberarsi dei pesanti mantelli di lana grezza.
«No», rispose preoccupato Hakim, che aveva interpretato i segni a modo suo: «gli israeliani hanno attaccato?» domandò.
«Tutti i cristiani di Damur sono stati massacrati» sussurrò Yusuf coprendosi con le mani il volto: «mille morti, forse più. Anche i bambini e le donne incinte... nessuno è stato risparmiato. La televisione ha mostrato scene raccapriccianti».
«Chi è stato?» chiese Hakim, pur conoscendo, nel cuore e nella mente, la risposta.
«Qui siamo al sicuro» tranquillizzò tutti Walid. «Allah ci protegge. E la famiglia Joumblatt è il suo scudo su di noi».
«Siamo pochi...» mormorò Ibrahim. «Stermineranno anche noi Drusi appena gliene concediamo la possibilità. Non abbiamo amici, noi siamo diversi. Siamo degli eretici agli occhi di tutti. Né cristiani, né musulmani, né ebrei. Leggiamo il Corano e crediamo nella reincarnazione...»
«Tu non puoi parlare!» lo zittì Hakim. «Solo un Uqqal può farlo. Walid...» disse l’uomo, invitando il fratello a fare altrettanto con un gesto delle mani.
Walid si sedette, sul tappeto attorno al tavolo, e accolse tra le sue braccia la piccola Fatima, che sembrava destinata a seguire il cammino verso l’ascesi come lo zio e il bisavolo prima di lui.
Qualcuno nella casa vicina aveva la radio sintonizzata su di una emittente palestinese. Una voce roca e arrabbiata si scagliava contro i falangisti libanesi che giorni prima avevano massacrato duemila palestinesi a Quarantine. “Il cane cristiano Camille Sha’mun e le sue mille serpi sapranno presto cosa significa sfidare l’ira del popolo palestinese e la forza di Al Fatah,” gridava lo speaker continuando a vomitare insulti verso i falangisti, i sionisti, gli americani e i suoi servi occidentali.
Walid fece segno di chiudere le imposte delle finestre e aprì il Libro Sacro. Lo sfogliò lentamente fermandosi alla seconda Sura di Al Baqara. E col dito scivolò veloce al versetto 261 iniziando a leggere: «quelli che con i loro beni sono generosi per la causa di Allah, sono come un seme da cui nascono sette spighe e in ogni spiga ci sono cento chicchi. Allah moltiplica il merito di chi vuole Lui. Allah è immenso, sapiente…»
Hakim lo ascoltò con attenzione chinando la testa in segno di approvazione.
«Dovere di ogni credente nell’unico Dio è di rispettare i Sette Precetti nella taqiya, nel vivere quotidiano» recitò Walid e questa volta le parole gli sgorgarono dal cuore. «Dire sempre il vero, prestare aiuto al prossimo, rinunciare alle false credenze, ripudiare il male, credere nell’unico Dio, accettare la Sua volontà, qualunque Essa sia. Per secoli abbiamo ascoltato i nostri profeti e i nostri Ajawid, i Maestri, e per secoli abbiamo fidato nel Suo nome, fermando i Mamelucchi, i Crociati, gli Ottomani, i Francesi. Con i Libanesi, i Palestinesi e anche con gli israeliti non sarà diverso. Seguiamo la nostra strada, tra queste montagne di pietra ricche d’acqua e di boschi. Rispettiamo e aiutiamo i nostri fratelli nella fede e crediamo nell’unico Dio. Allah moltiplicherà il nostro merito come ha sempre fatto, conducendo il Suo popolo verso il tajalli», disse chiudendo il Libro Sacro.
«In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericodioso. Amen» recitarono tutti in coro chinando il capo.
«Amen» terminò cinguettando la piccola Fatima.
Quando rimasero soli Hakim interrogò il fratello.
Era preoccupato, la lettura della Sura di Al Baqara non lo aveva convinto. Era dedicata a chi segue la dritta via e per questo viene premiato dal Signore. Ma Hakim sapeva anche che il Libro Sacro poteva prestarsi a quattro diverse interpretazione: una letterale, una tropologica, una allegorica e una anagogica.
E sapeva che le sue limitate capacità di Juhhal lo mettevano in condizione di comprendere il primo, forse il secondo o il terzo significato delle Scritture. Ma che mai, da solo, sarebbe riuscito a camminare per gli infiniti giardini rivelati da uninterpretazione anagogica. Quelli erano da sempre lo spazio riservato agli iniziati. A loro soltanto era consentito di entrare dentro la volontà di Dio e scorgere il suo disegno.
«Dobbiamo temere per le nostre famiglie?» s’informò Hakim pieno di umiltà.«Cosa annuncia realmente la parabola delle sette spighe, Walid?»
«Tu non hai diritto di sapere, Hakim» rispose Walid contrariato.
«Devo proteggere il clan», ribatté Hakim. «Viviamo a pochi chilometri da villaggi maroniti, sunniti, sciiti, alauiti, ortodossi, armeni, ismaeliti. Senza contare i palestinesi e gli israeliti. Senza contare i falangisti e i siriani. Dimmi che debbo fare...»
«Avverti lo Shayk al aqli Hakim, inizieranno tempi magri per il popolo del Libano e per noi Drusi lo saranno ancora di più. Dobbiamo prepararci al peggio».
Febbraio 1983
«Il grano da seminare nella valle per il raccolto di giugno è terminato» si lamentò Walid carezzando il capo alla piccola Fatima che si stava facendo donna. «Vivremo grazie all’elemosina dei nostri fratelli sciiti, degli israeliti e di quella dei cristinai d’occidente che adesso occupano Beirut. A questo ci ha condotto la guerra»
«Ahmed, Ibrahim, Farid, Khaled, Abdel... quale terribile prezzo» gemette Fatima e aprì il Libro Sacro. Stava diventando una Uqqal, come lo zio e il bisavolo prima di lei e come iniziata aveva diritto a leggere e ad interpetare le Sacre Scritture. Lo sfogliò e si fermò alla terza Sura di Al Imran e lesse: «Imran, padre di Aronne e di Mosé. In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso. Allah, non c’è altro Dio al di fuori di Lui, il Vivente, l’Assoluto. Ha fatto scendere su di te il Libro con la verità, a conferma di ciò che era prima di Esso. E fece scendere la Torâh e l'Ingîl, in precedenza, come guida per le genti... »e si fermò. «Perché i credenti nell’unico Dio, i popoli dei Tre Libri Sacri si uccidono tra loro?» domandò Fatima al vecchio Walid. «Non sono forse tutti figli dell’unico Dio?»
«L’essere uomini ci porta a schierarci e a creare confini. Costruiamo una casa, poi un clan, poi un territorio, una nazione; e li difendiamo, con le armi, con le palizzate, con le parole, con le religioni...»
«Ma si possono creare divisioni invocando il nome dell’unico Dio?»
«Quale Nome più potente conosci, mia piccola Fatima. Più potenti sono i Nomi, più alte sono le barriere e più profonde le divisioni».
«Lo zio Hakim parla sempre di verità,-continuò Fatima– sostiene che solo i veri credenti possono trovare un posto nella terra dei padri».
«Hakim ha perso la Grazia da tempo. Da quando i suoi figli maschi sono stati massacrati dai falangisti e dagli israeliti a Tiro; egli si è schierato con i nostri fratelli sciiti e si è lordato le mani di sangue cristiano. Ricorda ciò che è successo a Baalbeek appena un mese or sono. Hakim ha dato sfogo al proprio dolore uccidendo persone innocenti».
«Ma Hakim uccide in nome della Verità -lo contraddisse Fatima,- non per vendetta».
«La Verità…» sospirò Walid. «Ho qualcosa da dirti riguardo la Verità. La Verità è pericolosa, Fatima. Pericolosa perché intransigente. Nei cuori e nelle menti in cui alberga la Verità, qualunque essa sia, esiste solo la testimonianza. Sparisce il posto per le opinioni e per gli argomenti. Colui che agisce in nome della Verità considera se stesso un’appendice dell’assoluto. E quindi può accettare serenamente di essere annientato: può scegliere il martirio di se stesso e di coloro che non abbracciano la sua stessa Verità. Perché per il depositario della Verità non esiste nulla di discutibile, nulla che possa essere sottoposto ad arbitrato. Non vi sono ragioni, per quanto buone, da contrapporre alle sue».
«Ma la Verità è il Libro Sacro» affermò Fatima.
«La Verità è ciò che è scritto da Colui che è, non l’interpretazione che ne dà Hakim e gli uomini guidati dall’odio come lui. Ciò che è scritto l’uomo non può leggere», rispose Walid.
«E se fossero loro, invece, i depositari della Verità?»
«Non lo sono. La verità si testimonia senza la violenza. Devi credermi Fatima. Devi fidarti di un Ajawid».
«Mi fido, Walid. Ma dimmi: ricordi quando leggesti ad Hakim la Sura di Al Baqara, dopo la strage di Damur?»
«E’ passato tanto tempo... ma ricordo. Le sette spighe».
«Qual’è il loro significato?» lo interrogò Fatima.
L’uomo si alzò e si guardò intorno. Poi andò alla scrivania e ne estrasse un quaderno. Lo porse a Fatima, che lo aprì. Dentro vi erano segnati i nomi degli abitanti del villaggio che erano morti nei combattimenti degli ultimi anni e la data della loro morte.
«Sono numerati» constatò Fatima. E sfogliando le pagine, seguì col dito il nome di ciascuno. Molti li conosceva solo di nome. Molti di vista. Altri le erano completamente estranei.
«Seicentonovanta» lesse al termine della lista.
«Da un seme sette spighe e da ogni spiga cento grani», mormorò Walid sedendosi accanto alla nipote.
«Settecento grani- annuì Fatima,- settecento anime».